Nel quarto di secolo dopo quella controversia, tuttavia, i leader delle successive amministrazioni americane adottarono essenzialmente quella visione, nonostante le differenze di strategia, politica, temperamento, stile, retorica, tattiche o promesse della campagna. Con la forza, la diplomazia, le misure restrittive o qualche combinazione di queste, hanno lavorato per impedire che raccolte immaginabili di sfidanti regionali, canaglia, autoritari e non statali – per non parlare di revisionisti, potenze potenzialmente grandi come la Russia o la Cina – si replicassero la straordinaria minaccia totalitaria dellera passata bipolare. I leader americani hanno minacce più o meno definite come sfide alla loro posizione preferita per gli Stati Uniti, quella posizione preferita è il dominio americano allinterno di un certo ordine. Allo stesso tempo, hanno considerato pericoloso il declino degli Stati Uniti, relativo o assoluto, o il declino dellordine. Costruendo il “nuovo ordine mondiale”, spingendo per “lallargamento democratico”, cercando lespansione “dellalleanza del trattato”, guidando lo sviluppo di un mercato mondiale e parlando della loro “nazione indispensabile”, i leader che abbracciano questa visione si sono impegnati in almeno sei importanti forze armate campagne negli anni 90: Somalia, Haiti, Bosnia, Kosovo e Iraq (due volte). Sotto lamministrazione Bush a metà degli anni 2000, i leader americani hanno messo gli occhi su un “asse del male”, hanno forgiato “coalizioni di volontà” e hanno sostenuto rivoluzioni in luoghi che altre potenze vedevano – giustamente, erroneamente – come i loro cortili. Dopodiché, anche se “guidando da dietro” e “facendo perno” sotto la guida democratica di Barack Obama, gli Stati Uniti sono intervenuti in Libia e hanno messo insieme una “coalizione per contrastare” il sedicente Stato islamico in Iraq e Siria. Nessuno di questi stati o società, e nessuno degli attori malvagi schierati al loro interno, minacciò la sopravvivenza dellAmerica, anche se gruppi come Al-Qaeda minarono la sicurezza e gli interessi americani. I leader americani vedevano in tutte queste situazioni, tuttavia, sfide allordine internazionale esistente. / p>
I leader americani negli ultimi tre decenni potrebbero non aver elaborato strategie o perseguito politiche così estreme come avrebbero voluto alcuni neoconservatori – i più bellicosi dei quali fanno un “Monaco” con ogni molehill. Ma hanno lavorato per promuovere il dominio americano – e il dominio degli ideali americani intimamente intrecciati con un ordine mondiale in gran parte guidato dagli Stati Uniti – molto più di quanto avrebbero fatto senza limpulso neoconservatore e gli atteggiamenti associati.
Il neoconservatorismo non lo è. morto. Per cominciare, i neocon stessi sono rimasti rilevanti. Molti neoconservatori, generalmente sullestablishment piuttosto che sulla fine populista del movimento conservatore, hanno respinto il presidente Donald J. Trump durante la campagna del 2016, reagendo a lui e ai suoi sostenitori, forse, mentre i loro predecessori hanno reagito alla Nuova Sinistra. Da allora, hanno perso influenza e credibilità in un certo senso pur rimanendo rilevanti e riabilitando se stessi in altri modi. Da un lato, il Project for the New American Century, The Weekly Standard e Foreign Policy Initiative hanno chiuso i battenti. Daltra parte, neoconservatori come Robert Kagan, Max Boot, Bret Stephens e lattuale consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Bolton – difendevano la guerra in Iraq, sostenendo maggiori spese per la difesa, collegando lazione militare al potere e al prestigio americani, e tentando a intermittenza di farlo. districare gli Stati Uniti dalle istituzioni internazionali che ha contribuito a costruire e plasmare – continuano a comparire sul New York Times e sul Washington Post; CNN e MSNBC; il Brookings Institute, lAmerican Enterprise Institute, lInstitute for the Study of War, la Foundation for the Defense of Democracies e il Council on Foreign Relations; The Atlantic, Foreign Policy, Foreign Affairs e altre pubblicazioni.
Nonostante alcuni spettacolari fallimenti, i neoconservatori hanno lasciato le impronte di quellimpulso su quasi tutti i leader americani interessati alla politica estera. Gli americani, in generale, sembrano aver accettato negli ultimi decenni che è necessario e desiderabile promuovere determinati interessi e ideali allestero, proiettando il potere per sostenere un ordine internazionale esistente che non può sopravvivere solo su pezzi di carta. Credono che lAmerica, nonostante tutte le sue lotte, in patria e allestero, non sia in declino. Credono che gli Stati Uniti, nonostante tutti i loro difetti o difetti fondamentali, mantengano la loro promessa, una promessa fondamentalmente diversa da quella di altre nazioni o stati. E, anche in mezzo alle frustrazioni odierne, sentono che gli Stati Uniti non dovrebbero, non devono e non possono voltare le spalle al mondo. Dietro la loro costante fede nellimpegno americano – militare o meno – hanno ancora fiducia nelleccezionalismo americano.